RAGAZZI NEWS n. 23
- Galapagos: fine di un Paradiso
La
notizia - 16 gennaio: una petroliera,
con circa un milione di litri di carburante a bordo,
si incaglia davanti all'isola di San Cristobal, nell'arcipelago
delle Galapagos (Ecuador).
Ancora oggi, venti giorni dopo, il disastro non é
scongiurato.
Voglio ritornare su questo avvenimento perché tragedie
di questo tipo non si esauriscono in un giorno, ma
si trascinano per anni anni, se non per secoli, quando
ormai il silenzio le fa dimenticare al resto del mondo.
Jessica. Sembra il nome di una dolce eroina
da telenovelas e invece é il nome della petroliera
che 20 giorni fa ha portato la morte nell'arcipelago
delle Galapagos.
Jessica
era salpata dal porto di Guayaquil, per conto
della compagnia Petroecuador, con 640 mila litri di
benzina diesel e altri 320 mila di un combustile di
bassa qualità, estremamente pericoloso per
l'ecosistema marino in quanto non degradabile.
Destinazione: California. Causa dell'incidente, probabilmente,
una manovra errata del comandante Tarquinio Arevalo
(forse ubriaco), che ha causato l'impatto della petroliera
contro un banco di sabbia al largo di Puerto Barquerizo
Moreno. L'urto ha provocato una falla nello scafo
e la sala macchine, in breve tempo, é stata invasa
dalle cristalline acque dell'Oceano Pacifico.
Dopo
poco, immense chiazze di greggio sono incominciate
a comparire sulla superficie del mare: un fluire lento
ed inesorabile (velocità: un nodo all'ora) verso le
coste di quello che fino a ieri veniva considerato,
da naturalisti e non, il Paradiso Terrestre. E la
situazione non é certamente migliorata con il sopraggiungere
di tempeste tropicali, fenomeno non raro da
quelle parti. Infatti Jessica é senza motori, e le
onde alte rischiavano di farla capovolgere completamente,
come in realtà é quasi avvenuto.
Le autorità dell'Ecuador, fin da subito, si
sono dichiarate incapaci di fronteggiare il problema.
Infatti non possiedono le tecnologie necessarie per
affrontare emergenze di questo tipo. Pensate che Eliacer
Cruz - il direttore del Parco Nazionale Galapagos
- é riuscito ad organizzare delle prime squadre composte
da volontari, forniti unicamente di... bacinelle di
plastica, secchi, pentole, recipienti di ogni tipo,
teli assorbenti.
Insomma,
lo stretto necessario per raccogliere il petrolio:
manualmente, naturalmente! Centimetro per centimetro,
così come centimetro per centimetro sono stati ripuliti
centinaia di animali bagnati dal petrolio.
Leoni marini, che rischiano la cecità a contatto con
la melma vischiosa, uccelli, pellicani, albatri, tartarughe,
cormorani, pinguini, iguane.
Animali rarissimi che vanno incontro all'estinzione
se non vengono curati in tempo in uno dei centri allestiti
per l'occasione. Basti pensare che il 90 per cento
dei rettili, il 46 per cento degli insetti
e la metà degli uccelli, oltre alle famose
tartarughe giganti, non esistono in nessuna altra
parte del mondo. Ma ovviamente i secchielli
e il sapone non bastano! E' realmente come tentare
di svuotare il mare con un bicchiere d'acqua. Una
soluzione-tampone é quella di rimorchiare la nave,
operazione in cui sono esperti gli americani (la Coast
Guard) che si sono dichiarati pronti ad intervenire.
Si sta pianificando anche un'evacuazione in
massa dei leoni marini, delle foche e degli uccelli,
forse le specie più a rischio, mentre é stato già
attivato un dispositivo per assorbire le perdite di
greggio attorno a Jessica. 
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Approfondimento
Due parole sulle
Galapagos
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